Le lunghe notti

della Gestapo

Ecco una guida precisa su come buttare via una buona idea. Abbiamo qui un nazisploitation che si discosta dai canoni classici dimenticandosi di prigionieri, torture e fiumi di sangue, preferendo uno sviluppo interno con i membri del Terzo Reich e della borghesia tedesca assoluti protagonisti. Ma ecco anche grossi intenti intellettuali e ripetute citazioni di altre pellicole “Il Portiere di Notte” e “Salon Kitty”, che riescono unicamente ad annoiare a morte lo spettatore. Peccato anche perchè la regia non è male e si lancia alla ricerca di immagini e soluzioni più che decenti per il genere.

Una vera e propria occasione buttata al vento. È questo quanto ci trasmette questa pellicola che se non avesse avuto quanto sopra descritto sarebbe stata una buona opera. Tradotto: fosse stato un altro film saremmo qui a parlare di un capolavoro. Invece Fabio De Agostini regista e sceneggiatore, spreca i buoni intenti di una storia che parte dall’anno 1941.
Una data storica che richiama il volo, la fuga o il tradimento di Rudolph Hess volato in Inghilterra. Fatto dal quale parte, nel film, il “processo” a Uhland fedelissimo di Hess che come ultima occasione deve far da trappola e far cadere in un grosso scandalo alcuni borghesi tedeschi sospettati di essere contro il regime. Lo scandalo è a fondo sessuale e le vittime sono invitate a un a un week-end in un elegante castello pieno di donnine compiacenti. In realtà non ci sarà nessuna ripercussione. La Gestapo interviene sterminando tutti quanti. Donnine e complici compresi, una fine che ricorda parecchio la “notte dei lunghi coltelli”.

L’oscurità e l’eleganza dei luoghi fa il resto rendendo tutto più difficile e soporifero. L’eros presente nel film cerca di darsi un tono, giocando sulla seduzione senza dimenticare il trash che viene raggiunto da un numero erotico degno dei peggiori locali hard delle località famose per “il turismo del sesso”.