Cobra Kai

Cobra Kai

 

Strike First, Strike Hard

Gli incontri migliori: quelli che nascono per caso. Tipo che mi appare su “Netflix” questo “Cobra Kai” presentato come il sequel di “Karate Kid” e, visto che a parte un paio di cose non c’è molto altro da vedere in questo periodo, decido che devo vederlo. Lo devo vedere perché promette bene. Promette quel trash di sudore, onore e gloria, che già il film del 1984 ci dava in dosi massicce.
Poi, “Karate Kid” è stato per la mia generazione il film dell’infanzia, del mondo in cui vincevano i buoni e gli americani erano dei gran fighi, un film che non sfigurava al confronto del colosso “Rocky”, e che narrava, anch’esso, le avventure di un altro italo americano, volenteroso e talentuoso. Quante cazzate che abbiamo dovuto sorbirci.
Devo dire che come tutti, anche per me “Karate Kid” fu, come si dice oggi, un must, ma a differenza di molti miei compagni delle elementari non sono impazzito per il karate. Comunque, per tutte queste motivazioni “Cobra Kai” è entrato nella mia lista di “Netflix”.
E va detto che l’inizio ha soddisfatto la mia sete di trash americano. Johnny Lawrence, sempre interpretato da William Zabka, cioè il biondo cattivo alfiere del Cobra Kai, oggi è un tizio di mezza età, che si arrangia con lavoretti vari, divorziato, e con un figlio che non vede mai. Ma, assiste a un pestaggio di una banda di bulli nei confronti di un ragazzino ispanico e, età o no, manda ko la banda a suon di karate. Inizia tutto con una rissa, come sempre. Decide così di riaprire la scuola, la sua “Cobra Kai”.
Daniel LaRusso invece, Ralph Macchio, che è anche co-produttore esecutivo, ora è un affermato businessman nel settore dell’automotive. Un borghese, con moglie figa (che, attenzione, non è Ali) e due figli viziati.

Bene, le mie previsioni sembrano azzeccate. Johnny tornerà a fare il cattivo e Daniel il buono, d’altronde siamo in America e di certo LaRusso non può diventare il Darth Vader di turno, perché minerebbe le certezze di un’intera società. Ma c’è quel titolo “Cobra Kai”, che sì, è un nome figo, ma lascia intendere che non tutto andrà come ho previsto.
In effetti Lawrence passo dopo passo, tira su a fatica un piccolo esercito di nerd (quelli che ai tempi picchiava), mentre LaRusso dimostra di essere solo un invidioso cagacazzo.

Ribaltati i ruoli? Può sembrare, ma in realtà nessuno dei due è veramente il “buono” e nessuno dei due è veramente il “cattivo”. Sono due uomini, con difetti e virtù, con voglia di cambiare. Nuova vita per il biondo, che racconta falsità ai suoi allievi sul suo passato e voglia di tornare a essere un’eminenza del karate per il secondo, che, come detto cerca di ostacolare il rivale. Così i due s’intralciano a vicenda, ma si avvicinano anche, in una serata al pub in cui chiamano in causa l’amata di sempre, cioè Alli.

Risvolto di cronaca, con il figlio di Johnny che lavora per LaRusso in incognito e diventa suo allievo. Mentre la figlia di Daniel s’innamora di uno del Cobra Kai. Chiude la prima stagione, il classico torneo di karate, con una finale come sempre giocata sul filo del rasoio.
Ampie citazioni e pure brevi scene del film, che sì è omaggiato, ma a volte anche preso un po’ in giro. Devo dire una piacevole sorpresa, nella sua assoluta semplicità, con puntate di circa trenta minuti e uno stile da telefilm anni ottanta. “Cobra Kai” è stata trasmessa su Youtube premium prima di passare e avere successo di Netflix.

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