Dom

Dom

Na guerra contro o crime A maior vitima è a familia

Il Cristo Redentor guarda la città con le sue luci e le sue ombre. Rio de Janeiro. Un chiaroscuro che non solo è la linea narrativa di questa serie brasiliana, distribuita da Amazon Studios, ma anche il giudizio di tutto un lavoro che ha aspetti ottimi e aspetti deludenti.

Inizio col dire che “Dom” prende spunto dalla vita di Pedro Machado Lomba Neto, conosciuto come Pedro Dom, criminale brasiliano “famoso” a Rio De Janeiro nei primi anni 2000.
Subito avvertiti che il tutto è ispirato a fatti veri, con l’aggiunta di situazioni inventate a fini narrativi, ci addentriamo nella vita del Dom del titolo: Pedro Dantas. Figlio di un ex poliziotto dei reparti speciali (si potrebbe dire dei servizi segreti) impegnato contro il narcotraffico. Pedro, sviluppa fin da adolescente dipendenza dalla cocaina, che lo porta a compiere furti sempre più importanti, fino a essere di una banda specializzata in svaligiare ricchi appartamenti.
Gli innumerevoli tentativi che la famiglia compie per farlo disintossicare si rivelano col tempo inutili e Pedro sprofonda sempre più nella dipendenza e nel crimine. Parallelamente a questa linea narrativa vediamo anche l’inizio della carriera del padre, che come detto, diventa un agente speciale che combatte il narcotraffico in una nazione in cui tutta la polizia o quasi è corrotta.

Una storia che ha un notevole appeal e che prende gli aspetti principali dalla realtà, volendo forse stigmatizzare l’inadeguatezza dell’educazione di certi genitori. Forse.
Una serie che riesce anche a rendere molto credibile il problema della dipendenza e dei risvolti che colpiscono le famiglie ma che purtroppo ha spesso una certa passione per il melodramma. Non si arriva a livelli ai livelli delle Telenovelas ma “DOM” smorza il dramma con momenti troppo romantici, situazioni di cuore, che in certi casi sono esagerate. Ma soprattutto lascia anche diverse domande in sospeso (vedi ad esempio la strana patologia di Pedro o l’uscita dalla polizia del padre) tagliando una storia che poteva essere ulteriormente sviluppata. “DOM” soffre di una certa fretta che Breno Silveira, creatore, sembra avere, un aspetto visibile anche in una realizzazione che sfocia nel prodotto televisivo.

Un’occasione in parte sprecata, perché puntata dopo puntata, Pedro perde non solo il suo “fascino”, ma anche l’interesse di sapere come succede alla sua dipendenza, arrivando a un finale che fa pensare che sia assurdo/paradossale ma che è invece preso dalla realtà.
Otto episodi diretti a quattro mani da Vicente Kubrusly e lo stesso Breno Silveira, con un cast guidato da Gabriel Leone e Flávio Tolezan e da altri attori famosi in patria.

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