Pink Flamingos

Pink Flamingos


An exercise in poor taste

Il re e la regina del cattivo gusto, si trovano nel loro regno di sudiciume abitato da fenicotteri rosa di plastica.
Il loro regno, “Pink Flamingos”, è un posto talmente oltraggioso, assurdo, disturbante, da essere un capolavoro, da vedere, senza farsi troppe domande.

John Waters e Divine sono i protagonisti di un’esplosione kitsch, di un oltraggio al cinema e agli spettatori che può essere paragonato al punk, la cui ufficiale esplosione però arriva qualche anno più tardi. Un legame più mentale che storico, più di intenti che di etichette, ma il senso è più o meno lo stesso, cioè distruggere tutti gli schemi esistenti, andare oltre nei modi e nel comportamento e mostrare l’essere umano così come è, per così dire senza pelle, con le frattaglie bene in vista.Pink Flamingos

John Waters e l’amica Divine riescono molto (fottutamente) bene in questa cosa. I due, amici di lunga data, arrivano a “Pink Flamingos” dopo diversi corto metraggi e qualche, sempre oltraggioso, lungometraggio come “Mondo Trasho” e “Multiple Maniacs”.
È con questo “Pink Flamingos” però che passano alla storia, essendo, come si dice, nel posto giusto, al momento giusto, con una pellicola “noir” che ad analizzarla fuori dal contesto e dal significato è un ammasso di immane immondizia. A dargli un posto, un contesto invece, è quello che dicevamo all’inizio: un capolavoro del cinema indipendente, amato ed apprezzato, una volta tanto, fin dall’uscita. Perbenisti naturalmente esclusi.
La visione non è di certo facile e vi consigliamo di farlo lontano dai pasti, vedrete, nel caso, un film evidentemente girato con pochissime risorse (tra l’altro solo nei week-end), con mano incerta e con mezzi a dir poco amatoriali.

Una storia che trasuda sporcizia già solo per la location, i sobborghi di Baltimora, dove in un caravan vive la protagonista Babs Johnson interpretata da Divine. Piccola pausa per parlare di Divine, mondialmente riconosciuta come icona gay. È Obbligatorio.

Harris Glenn Milstead nasce nel 1945 nel Maryland in un famiglia borghese e conservatrice. Scopre di essere omosessuale negli anni dell’adolescenza e scopre una passione per il travestitismo. Emarginato, preso in giro, anche per la sua imponente stazza, conosce ben prPink Flamingosesto David Lochary e soprattutto John Waters con i quali frequenta il movimento “underground” di Baltimora. Siamo nella prima parte degli anni sessanta, sono tutti giovanissimi, ma hanno le idee chiare, soprattutto Waters, che ha l’ambizione di diventare un regista, di creare qualcosa di mai visto. Harris Glenn Milstead diventa “Divine” da un soprannome datogli dallo stesso Waters e diventa la star dei “Dreamlanders” un gruppo formato da Waters, comprendente David Lochary, Mary Vivian Pearce, Pat Moran e Mink Stole, che si diverte a girare corti nei week-end.

Così film dopo film, immondizia, dopo immondizia, la fama di Divine cresce a pari passo con quella di Waters. La più famosa Drag Queen al mondo, la musa ispiratrice del regista continua la sua carriera anche dopo il picco di questo film, finendola tragicamente nel 1988, poco dopo l’uscita di “Hairspray” (proprio il film poi rifatto negli anni duemila con John Travolta) a causa di un infarto. Una fine che segna inevitabilmente anche la carriera di Waters. Questa la vita molto in breve della leggendaria Divine, noi siamo qui però per “Pink Flamingos” e torniamo quindi alla sudicia pellicola.

Babs Jonhson è famosa in tutto il mondo come “The Filthiest Person”, che si potrebbe tradurre come la più ripugnante o letteralmente la più sudicia persona. Vive in un caravan, come abbiamo detto, in compagnia della madre, che si nutre solo di uova e sta tutto il tempo in un box, del figlio zoofilo e di un’amica voyeur di quest’ultimo. L’allegra famigliola Johnson se la spassa tra coprofagia, cannibalismo, incesti, furti e pare qualche omicidio. La notorietà infastidisce i Marbles, marito e moglie, dall’aspetto punk, che come schifezze non se la passa male.
Il ramo preferito dai coniugi è quello dei rapimenti e della segregazione di ragazze con il fine di ingravidarle e di vendere i neonati a coppie lesbo.
Gelosi di Babs tentano in ogni modo di eliminarla, usando metodi poco signorili. Mandano una spia per scovare Babs, mandano la polizia alla festa di compleanno e danno fuoco al caravan. La bionda cicciona però, al grido “Tutta la mia vita è votata al sudiciume!” non si lascia di certo sopraffare.Pink Flamingos

L’ironia di fondo che pervade la pellicola alleggerisce, per fortuna, il contesto e grazie a questo alcune scene diventano squisitamente (in)dimenticabili. Crackers, il figlio di Babs, fa sesso con la spia dei Marbles, mettendo in mezzo, è il caso di dirlo, un pollo. Che perde la testa. Fisicamente.

La pattuglia che arriva alla festa di Babs viene uccisa e divorata dai convenuti e i regali per il compleanno, toccano l’apice con la testa di un maiale. Non si può dimenticare un invitato che intrattiene tutti mostrando la sua elasticità muscolare. Di quale muscolo non si può dire, ma il suo personaggio si chiama “Singing Asshole”. La traduzione fatela voi.
Infine Babs e Crackers irrompono in casa Marbles e leccano ogni cosa che in seguito si anima. E la scena finale si dice sia vera.

Un gioco ben riuscito del buon Waters, definito romanticamente da Johnny Depp un “regista fuorilegge”, una definizione più che mai azzeccata. Ottima è anche la colonna sonora che utilizza brani più o meno noti degli anni ’50. Una scelta un po’ stilistica, ma anche dovuta al fatto che erano i dischi che aveva in casa Waters.

 

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Scheda Tecnica


Titolo Originale: Pink Flamingos
Titoli Alternativi: Fenicotteri rosa (Italia), John Waters’ Pink Flamingos (USA),Rózsaszín flamingók (Ungheria), Ruzicasti flamingosi (Serbia)
Nazione: USA
Anno di Uscita: 1972
Durata: 93′
Regia: John Waters
Cast: Divine, David Lochary, Mary Vivian Pearce, Mink Stole, Danny Mills, Edith Massey, Paul Swift
Casa di produzione: –

 
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