L’alcova

L’alcova

Allora selvaggio? Non hai mai visto una donna nuda? Ehi colonizzatore dell’impero! Imparate a lavarvi!

Il trio Lilli Carati, Annie Belle e Laura Gemser, fa passare in secondo piano qualsiasi difetto, o ingenuità di questo film. E potete immaginare il perché.
Le tre sono agli ordini di Joe D’Amato, che per più che probabili fini commerciali, cerca la via dell’erotismo d’autore alla Tinto Brass, nella scia dal grande successo de “La Chiave” uscito un paio di anni prima. Il nostro eroe non avrebbe bisogno di scopiazzare altri stili, perché di erotismo (e porno) ne sa parecchio e naturalmente si vede. Si vede soprattutto nelle scene erotiche tra le tre protagoniste, momenti suggestivi che, scusate la franchezza, ci fanno esclamare un grande “Wow!”.

Togliendo l’aspetto estetico ci troviamo in una storia che narra di una borghesia annoiata e morbosa in epoca fascista, poco prima della proclamazione dell’impero. Un groviglio sentimentale/erotico che termina come prevedibile in maniera drammatica, ma purtroppo assurda.

Al Cliver un po’ spaesato e di certo più a suo agio in altri generi interpreta un gerarca fascista e scrittore che torna dall’Africa portando doni per la sua seconda moglie Alessandra (Lilli Carati) e per la sua segretaria Virna (Annie Belle), le quali durante la sua assenza hanno allacciato un rapporto sentimentale. Tra tessuti e tappeti, c’è anche Zerbal (Laura Gemser non doppiata), schiava bellissima, che si presenta con un trashissimo “Signore andate a fare in culo”, come ingenuo saluto.

Diciamo che iniziare così, non è il massimo e le due donne scatenano sulla malcapitata la gelosia e ogni forma di razzismo. Ma col tempo Zerbal mostra di essere poco selvaggia e molto astuta riuscendo a entrare nelle grazie di Alessandra (alla quale è stata ceduta a seguito buffo rituale lesbo) scatenando così le gelosie di Virna e del marito e distruggendo il già esile equilibrio. Il punto drammatico più alto si raggiunge con Virna che ormai diventata indesiderata è la protagonista, suo malgrado, di un film porno in cui perde la verginità con il buon Nello Pazzafini. La sua vendetta però non tarda ad arrivare.

Joe D’Amato che lavora come sempre con budget ristretti, nel bene e nel male non è Tinto Brass. Il che porta “L’alcova” a essere un’imitazione low-cost dei film del regista veneziano con una storia che a volte scivola nel ridicolo. Con leggeri momenti di alleggerimento, con battute sul fascismo e inquadrature strette sulle nudità delle attrici a testimoniare l’indiscussa abilità di mostrare l’erotismo, D’Amato crea una pellicola che si lascia guardare. Con i suoi pregi e difetti.

Scheda Tecnica
Titolo Originale: L’alcova
Titoli Alternativi: The Alcove (Internazionale, USA), Alcova (Brasile), Kuumat yöt (Finlandia), L’alcôve, La retape (Francia), Lust (UK), To antikleidi (Grecia), Zerbal (Working Title), Alkowa (Polonia), Альков, Рабыня (URSS), Sklavin für einen Sommer (Germania)
Anno: 1985
Regia: Joe D’Amato
Nazione: Italia
Cast: Laura Gemser, Lilli Carati, Annie Belle, Al Cliver, Roberto Caruso, Nello Pazzafini
Casa di produzione: Filmirage, Golden Hawk Entertainment, M.A.D. Film
Durata: 90’

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