Black Summer

Black Summer

Non siete stanchi di serie TV sugli zombie vero? Ma no, certo che no. Quindi ecco “Black Summer”, la novità del momento, una novità creata però da vecchie (e folli) volpi dell’intrattenimento zombesco e non, cioè la “The Asylum” che tanto ha dato al cinema trash, vedi “Sharknado” e vedi, per i morti viventi, “Z Nation”.
Partito dall’idea di essere un prequel di “Z Nation”, “Black Summer” si stacca completamente dai toni a volte volutamente trash e parodistici del predecessore. E non solo, perché anche la produzione fa un passo avanti, anche grazie, probabilmente, alla presenza di “Netflix”.
Non si ride quindi e anzi i toni di “Black Summer” sono più che mai cupi. Quello che fa di “Black Summer” un prodotto interessante è senza dubbio la narrazione, divisa in capitoli e che mostra le vicende degli inevitabili sopravvissuti incrociando le loro storie e momenti paralleli. E c’è una sceneggiatura che riduce al mimino quelli che possono essere identificati come protagonisti, azzera spesso le parole dandoci silenzi e rumori. Poca retorica e poca, in tutti o quasi, volontà di far del bene con l’opportunismo che la fa da padrone, nel bene e nel male (e, forse, così andrebbe realmente) e con i classici superuomini che se non altro non hanno quell’aura romantica/eroica di altre note serie sull’argomento.
Una regia tutta sbilanciata per l’azione e per scenari post-nuke, con alcuni espliciti riferimenti cinematografici e letterari, riesce a tenere alta l’attenzione in tutti gli otto episodi di lunghezza estremamente variabile, che compongono questa prima stagione.
Ma quello che fa di “Black Summer” l’ennesimo prodotto del genere è la solita storia di sopravvivenza e violenza. Una mutazione in zombie, partita chissà dove e chissà come con lo Stato disgregato e le città in mano ai mutanti. Si fugge, si lotta, si muore. Come sempre.
Una mamma (interpretata da Jamie King, vera protagonista) che cerca di raggiungere la figlia allo Stadio, luogo sicuro, dicono i militari, di una città ormai devastata. E così si unisce a varie persone lungo la strada e in particolar modo con certo soldato Spears che in realtà è un probabile rapinatore/assassino che ha rubato la divisa a un militare. Una giapponese che non parla l’inglese e un ispanico sono gli altri due che possiamo identificare come protagonisti. Ma non per tutti finisce allo stesso modo.
Gli zombie che si trasformano subito e soprattutto corrono come Usain Bolt alle finali delle Olimpiadi, hanno occhi iniettati di sangue e urlano come matti. Una scelta che toglie un po’ di momenti morti e ci mostra un “nuovo” mostro.
Ma non basta tutto ciò per farci gridare al miracolo. Di sopravvissuti delle serie zombie, ne sono piene le fosse e sarebbe il caso di raccontare l’apocalisse con un’altra prospettiva.
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