Papaya dei Caraibi

Papaya dei Caraibi

-Sarebbe che tutta la gente qui intorno abitava proprio dove deve sorgere la centrale. Noi abbiamo buttato giù le case e in cambio gli abbiamo dato questo
-E loro hanno accettato?
-Beh, prima hanno protestato e poi…
-Poi niente, praticamente ci hanno costretto

Dritti al punto. Subito. Una ragazza seminuda entra in una capanna sulla spiaggia, taglia una papaya, la strofina addosso e sulle parti intime del suo partner. Fa sesso e lo evira.
Purtroppo non vediamo la scena splatter che avrebbe fatto gridare al capolavoro. Ma pazienza, perché Joe D’Amato inizia in maniera ottima, quello che è considerato il film che dà l’inizio del suo periodo caraibico, al quale seguono, come ben sappiamo altri capolavori ben più noti. La storia è nota: il regista si trovò così bene ai Caraibi con il film “Duri a Morire” (ambientato però in Africa), che restò lì per un po’.

“Papaya dei Caraibi” a differenza dei successivi film non è un horror erotico o un porno, ma è un film erotico, vagamente thriller, che fa affidamento sulle forme dell’indimenticabile Sirpa Lane, spesso nuda (ma non c’era bisogno di sottolinearlo) e soprattutto sulla straordinaria bellezza molto esotica di Melissa Chimenti.
Quest’ultima, più nota come cantante e membro del gruppo Gepy & Gepy, che come attrice, tocca uno dei punti più famosi della sua filmografia interpretando la protagonista cioè, la Papaya del titolo, oltre a essere ragazza della scena che apre il film.
La bionda e la bruna sono accompagnate da Maurice Poli, specialista dei film di genere, che chiude un cast ristretto per ovvi motivi di budget.

Ci troviamo in un bizzarro intrigo ecologista, anti nucleare, per la precisione, in cui emergono le bellezze naturali di Santo Domingo, abilmente riprese da D’Amato che ci ficca anche un bel po’ di folklore locale, a volte del tutto inventato, per allungare il minutaggio.
La storia a essere onesti è piuttosto leggera e non lascia spazio a grandi colpi di scena. D’Amato la prende molto alla lontana, mettendoci oltre ai già citati inserti, anche tanti momenti erotici di vario tipo per il piacere del pubblico maschile che gradisce, facendo diventare questo film un imprevedibile successo. Sembra poi voler curare le cose in maniera migliore rispetto agli altri erotici caraibici, affidandosi però a un cast che a parte Poli lascia un po’ a desiderare.
Certo, Melissa Chimenti e Sirpa Lane rimediano con i loro corpi spesso nudi e coinvolti in tante scene soft-core e in un sempre vago intreccio amoroso.

Tornando all’uomo evirato, scopriamo che si chiama Tim, lavora alla costruzione di una centrale nucleare sull’isola e Papaya, un’ecologista, lo fa fuori. Intanto Sara e Vincent (Sirpa Lane e Maurice Poli), rispettivamente giornalista e altro addetto alla costruzione della centrale, si rincontrano dopo anni, fanno sesso, trovano il cadavere di Tim nella stanza di Vincent e infine incontrano Papaya. La seducente ragazza fa cadere ai suoi piedi i due, giustiziando a suon d’intrugli e sesso Vincent e convincendo Sara a unirsi alla lotta.
I momenti migliori di “Papaya dei Caraibi” sono, come è facile immaginare, le scene erotiche, soprattutto quelle tra le due donne. Ma notevole è anche il rituale caraibico, una grande festa in cui si squarta un maiale e pure un uomo e in cui tutti finiscono a fare sesso.
Un bel b movie, con una storia che non ha mordente ma con una morale ecologista per niente male.

Scheda Tecnica
Titolo originale: Papaya dei Caraibi
Titoli alternativi: Love Slaves of the Caribbean (Australia), Die of Pleasure, Papaya: Love Goddess of the Cannibals (Europa), Et mourir… de plaisir (Francia), Папайя – богиня каннибалов (Russia), Fruta sexual del Caribe (Spagna), Papaya: Love Goddess of the Cannibals (USA), Papaya – Die Liebesgöttin der Kannibalen (Germania), Caribbean Papaya (Internazionale)
Anno: 1978
Nazione: Italia
Regia: Joe D’Amato
Cast: Sirpa Lane, Melissa Chimenti, Maurice Poli
Durata: 86’
Casa di produzione: Mercury Cinematografica

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