Lo chiamavano Jeeg Robot

Lo chiamavano

Jeeg Robot

-Io solo una cosa voglio sape’, solo una: ma tu chi cazzo sei?! Perché c’hai ‘sta forza?
-Ma che ne so…
-T’ha mozzicato un ragno? Un pipistrello? Sei cascato da n’artro pianeta?

 

E anche noi abbiamo il nostro supereroe. O meglio c’avemo er nostro supereroe. Ed è Gabriele Mainetti. Regista, attore, musicista e produttore, soprattutto quest’ultima cosa. Perché a forza di porte sbattute in faccia e dopo aver costatato d’avere il naso piatto decide di prodursi da solo, con l’appoggio di “Rai Cinema”, il suo primo lungometraggio.
“Un film così non funziona”, gli dicono. “Un film così ha incassato sorprendentemente tantissimo”, speriamo abbia poi detto ai produttori che l’hanno rifiutato e che ora stanno ‘a rosicà.
E così fu che “Lo Chiamavano Jeeg Robot” è salito al rango di fenomeno dell’anno, di capolavoro assoluto e di film che potrebbe innescare la rinascita del cinema di genere italiano. Il film è molto carino, ma non esageriamo.
La rinascita del cinema di genere italiano è già in corso, portata avanti da tanti registi indipendenti che lavorano bene e con passione, conoscendo la storia, omaggiandola e rinfrescandola.

Che sia il fenomeno dell’anno è vero e che sia sopra la media di tanti film italiani, quelli dai titoli orecchiabili è un dato di fatto. C’era un tipo all’Università che era solito uscire con i più sfigati del corso, quelli brutti insomma. Se li portava ovunque, a ballare, al pub. La spiegazione di questo suo gesto era che secondo lui, se esci con gente più brutta di te e se anche tu non Lo chiamavano Jeeg Robotsei Brad Pitt, fai la figura di quello figo. Poi qualche Brad Pitt in giro c’è, ma in Italia sono purtroppo pochi quei registi (i Brad Pitt) che possono dimostrare di essere al pari dei talenti mondiali. Quindi “Lo chiamavano Jeeg Robot” è un film grazioso, diverso, non il capolavoro che molti hanno visto.

Va riconosciuto che Gabriele Mainetti conosce bene la materia. Ha un’idea di cinema e di scrittura molto interessante (guardare le scene all’inizio e alla fine) e soprattutto conosce i fumetti, le Anime, i supereroi americani (non come il buon Salvatores de “Il ragazzo Invisibile”). Ed è intelligente, ironico.
Per nostra fortuna il suo supereroe non scimmiotta gli ammericani ma si adatta alla realtà della sua quotidianità, quella di Roma, quella di Tor Bella Monaca. L’idea più interessante di tutte. Perché se sei un disadattato piccolo criminale da quattro soldi di un quartiere difficile e scopri d’avere i super poteri, la prima cosa che fai è quella di rubare un bancomat, la seconda di comprarti delle cose che desideri e la terza di assaltare un portavalori. Di certo non fai la rapina del secolo o vai a saccheggiare i Musei Vaticani. Per quanto riguarda l’ironia che accompagna tutto questo lungo film, è ben studiata e tocca il genere e altre realtà italiane (“Gomorra” soprattutto). E infine Mainetti ci dà sangue, malavita e critica la voglia di apparire di questa Lo chiamavano Jeeg Robotsocietà.

Piccola divagazione su “Gomorra” qui presente in una scena bellissima e con Salvatore “Genny” Esposito. Ecco, caro Salvatore, non sappiamo cosa tu voglia fare nella vita, se goderti l’onda di questo personaggio o se vuoi fare l’attore. Nel secondo caso, dovresti smetterla di interpretarlo ogni momento, perché i ruoli ti si cuciono addosso e non te li schiodi più. Finisci a fare il caratterista, ruolo di grande rispetto, ma che in Italia non si fila più nessuno. Statte accuorto uagliò!

Tornando al film e lasciando da parte quest’aspetto di comics, Mainetti ci parla, come tanti, della periferia, della vita borderline e di gente che vorrebbe un riscatto o che si riscatta come il protagonista. Un’idea semplice vista tantissime volte da tempo immemorabile e un po’ banale se vogliamo, ma salvata da una cornice originale e resa bene dai tre attori principali.
Claudio Santamaria il nostro Jeeg, interpreta con perfetto disincanto e freddezza Enzo Ceccotti un ragazzo di Tor Bella Monaca, che vive da solo, mangia solo yoghurt o budini, vive di piccoli furti e si ammazza di DVD Porno.
Al suo fianco l’esordiente Ilenia Pastorelli, Alessia, che fa la coatta romana con gravi turbe psichiche dovute a ripetute abusiLo chiamavano Jeeg Robot sessuali da parte del padre Sergio e degli assistenti sociali. Rende bene il suo ruolo, ma ignoravamo arrivasse dal “Grande Fratello” dove dicono fosse già coatta. Solo il tempo ci dirà se era se stessa o se stava facendo una grande prova.
Infine e soprattutto c’è Luca Marinelli, Fabio Cannizzaro meglio noto come “Lo Zingaro”, il cattivo insomma. Scelto perché diverso dall’iconografia dei cattivi malavitosi delle serie TV o dei film italiani (tipo quelli di “Romanzo Criminale” per intenderci) crea un personaggio perfetto, interpretato con passione ed estrema bravura. Un personaggio molto teatrale a metà tra la parodia di un villain e Joker di “Batman”.
Il suo obiettivo principale è apparire, prendere like, avere visualizzazioni, ricordare con fierezza di essere stato a “Buona Domenica” sperando di “fuggire” dal canile in cui vive.
Su loro tre tutto si sviluppa e si modifica, sacrificando Alessia, unico personaggio che non si evolve ma che è fondamentale per l’evoluzione dell’eroe, alla pari di un’altra donna e della sua figlioletta. Che francamente (e, purtroppo, aggiungiamo) era l’unica e classicissima possibilità narrativa. Perché o diventava eroina pure lei, oppure si rinsaviva grazie all’eroe che trova sulla sua strada.
Lo chiamavano Jeeg RobotDicevamo di Enzo Ceccotti che ci appare la prima volta mentre fugge da due poliziotti dopo un piccolo furtarello in una Roma scossa dagli attentati. Finisce nel Tevere e in un bidone di rifiuti tossici (sì, Mainetti oltre al resto conosce anche “Toxic Avenger”) e durante un lavoro per un affiliato alla batteria dello zingaro (Sergio, il papà di Alessia) scopre di avere incredibili superpoteri. Sergio muore, lo Zingaro lo cerca e Alessia si attacca a Enzo, scoprendo i suoi superpoteri e ribattezzandolo Jeeg come l’eroe dei cartoni animati che guarda ripetutamente e che secondo lei un giorno verrà a salvarla. Tra i due s’instaura un rapporto simile, età a parte, a quello visto in “Leon” di Besson.

Jeeg, come detto, inizia a sfruttare questa sua forza, rubando al bancomat, rapinando un portavalori e scombinando i piani dello Zingaro che deve dei soldi a un clan napoletano alla cui capa canta in un night per il compleanno una canzone di Anna Oxa. La faida tra romani e napoletani scatena la classica scia di sangue, mentre Enzo piano, piano, cambia visione della vita grazie ad Alessia.
La ragazza rapita, come in tutti i film del genere, è uccisa in un regolamento di conti tra il clan napoletano e lo Zingaro, ilLo chiamavano Jeeg Robot quale si tuffa nel Tevere e acquisisce pure lui i superpoteri.
A nostro modesto avviso il film doveva chiudersi qui. Perché la parte restante sembra soffrire un calo vorticoso d’idee, sia per quanto riguarda la storia e sia dietro la macchina da presa. Con eccezione dello straordinario momento in cui Lo Zingaro irrompe a casa del clan napoletano e ballando fa fuori tutti, Mainetti s’infila pericolosamente nei cliché, tenendosi aggrappato all’ambientazione romana e risollevandosi con la bella scena finale.
Lo Zingaro vuole fare il botto più grande del mondo e far esplodere lo stadio Olimpico durante Roma-Lazio. Ne scaturisce una lotta alla pari con Jeeg. Un duello un po’ assurdo in mezzo alla gente che non nota niente.
A parte qualche sbavatura, però, la missione di “Lo chiamavano Jeeg Robot” è riuscita. Non è il supereroe del cinema, ma un simpatico intrattenimento ben studiato.

Scheda Tecnica
Titolo originale: Lo Chiamavano Jeeg Robot
Titoli alternativi: Lo llamaban Jeeg Robot (Argentina), Meu Nome é Jeeg Robot (Brasile), Sie nannten ihn Jeeg Robot (Germania), Le llamaban Jeeg Robot (Spagna), On l’appelle Jeeg Robot, On m’appelle Jeeg robot (Francia), They Call Me Jeeg (UK), Jeeg robot vagyok (Ungheria), Mina wa kô yonda, Kôtetsu Jîgu (Giappone), Vadino ji plieniniu Dzyg (Lituania), Jeeg robot (Polonia), They Call Me Jeeg, They Call Me Jeeg Robot (USA)
Nazione: Italia
Anno: 2016
Regia: Gabriele Mainetti
Cast: Claudio Santamaria, Ilenia Pastorelli, Luca Marinelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei, Francesco Formichetti, Antonia Truppo, Salvatore Esposito,  Gianluca Di Gennaro
Casa di produzione:  Goon Films, Rai Cinema, Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC)
Durata:  117’

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